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A HOUSE:  I am the greatest (1991)

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Titolo: 

I AM THE GREATEST

 

Artista:  A HOUSE

 

Etichetta:  SETANTA

 

Anno:  1991

 

Genere: ROCK IRLANDESE

 

Provenienza:

DUBLINO (IRL)

 

Formazione:

Dave COUSE (voce)

Fergal BUNBURY (chitarra)

Martin HEALY (basso)

Dave DAWSON (batteria)

Terzo lp della formazione irlandese, I Am The Greatest fu prodotto da Edwyn Collins (Orange Juice) e pubblicato nel 1991 dalla etichetta indipendente londinese Setanta. Gli A House avevano appena risolto il contratto con la Blanco y Negro, con la quale avevano pubblicato i primi due album, raccogliendo consensi dalla critica, ma poco riscontro di vendite.

L’album viene – giustamente – considerato il più significativo della discografia degli A House, e in patria ha goduto di tale fortuna da essere votato al terzo posto in una graduatoria dei più bei dischi irlandesi di tutti i tempi pubblicata dal quotidiano Irish Times.

Il buon esito del disco fu annunciato dalla pubblicazione di un EP, intitolato Bingo, nel quale compariva un brano chiamato Endless Art; dal punto di vista puramente musicale la canzone risulta certamente accattivante, grazie soprattutto alla energica base ritmica sulla quale si svolge il talking di Dave Couse.  Ma questo, da solo, non basterebbe a giustificare la grande fortuna arrisa a questo pezzo, che fu infatti ripubblicato come singolo e poi inserito in I Am The Greatest.  Alla base di tanto successo c’è un’eccellente idea, di matrice più simile alla concettualità dell’arte contemporanea che alla musica rock: il testo è costituito da una litania di nomi di grandi artisti, di ogni ramo, dal cinema alla letteratura, dalla pittura al teatro, fino, ovviamente, alla musica, tutti scomparsi ma tutti ancora ben vivi e presenti grazie alle loro opere.  Dave Couse, senza curarsi di andare a tempo con la musica, che resta quindi solo un efficacissimo tappeto sonoro, legge i nomi e gli anni di nascita e di morte degli artisti; l’effetto è straniante ed emozionante al tempo stesso e, proprio come accade nelle opere di arte contemporanea, il significato sottostante prevale anche sull’aspetto più specificamente estetico aggiungendo valore al brano.

Ma sbagliereste a pensare che I Am The Greatest sia solo Endless Art.  In realtà gli A House erano in stato di grazia e confezionarono un disco solido e di qualità costante, una di quelle opere nelle quali anche i pezzi meno riusciti sprigionano un’energia fuori dal comune.  Così già l’apertura con I Don’t Care, nella quale riecheggiano sonorità alla REM, si piazza su di un livello di eccellenza grazie al canto rabbioso di Couse che segue la linea ritmica anziché quella solistica; ma anche il secondo singolo tratto dal cd, Take It Easy On Me, pur essendo una canzone dal più tradizionale impianto pop, si segnala per la freschezza melodica e la immediatezza trascinante. 

Non c’è dubbio che gli A House, ma forse dovremmo dire Dave Couse, avessero una notevole padronanza dei meccanismi melodici (ascoltare Blind Faith per credere) e proprio la felice unione tra potenza ritmica e melodie accattivanti sembra essere la ricetta per la riuscita di questo disco.

Per quanto attiene ai testi, la penna di Dave Couse è felice e regala spesso qualche immagine aforisticamente valida, anche se con qualche eccesso nell’uso di quella tecnica di scrittura “elencatoria” che tanto viene adottata anche dai nostri cantautori, tecnica che consiste nel elencare una serie di immagini collegate ad un tema centrale.

Ad esempio, Dave Couse ottiene qualche buon risultato con questa tecnica nel brano “I Am Afraid”, dove il tema è, ovviamente, la paura: “Ho paura di ridere troppo forte / o di uscire dalla folla. / Ho paura ad amarti / ho paura di perderti / ho paura di perdere il controllo / ho paura di invecchiare / ho paura di morire, ma questo lo dovrò fare.”

Oltre ai brani già segnalati, vi consiglio di scaricare sul vostro I-Pod You’re Too Young, I Am Afraid, How Strong Is Love, I Wanted Too Much e la title track, I Am The Greatest, anch’essa, come Endless Art, un talking.  Con l’avvertenza che questa recensione è stata scritta sulla base dell’edizione americana di I Am The Greatest, uscita negli USA nel 1992 in edizione (chissà perché) editata rispetto all’originale inglese dell’anno prima, con tre canzoni in meno; ahimè, ho il sospetto che qualcuna di quelle non presenti sul mio cd meriterebbe qualche attenzione.

 

Voto: 7.5

 

                                                    ROBERTO CAPPELLI

 

 

Recensione di I Am The Greatest pubblicata su Rockerilla no. 136, dicembre 1991

 

“Dopo un tormentato rapporto con una major label per la quale hanno realizzato nonostante tutto due buoni ellepi come “Our Big Fat Merry Go Round” e “I Want Too Much”, regolarmente recensiti anche sulle pagine di Rockerilla, gli irlandesi A House pubblicano il terzo album per una etichetta indipendente. Accolti a braccia aperte dalla Setanta Records, label che si occupa di far conoscere talenti musicali dall’Irlanda e che in tempi più recenti ci deliziato con ottime band quali Divine Comedy, Into Paradise, Frank and Walters e Power Of Dreams, gli A House hanno realizzato con I Am The Greatest un’opera ingegnosa, ispirata, ricca di accenti melodiosi. Il trio dublinese composto da Martin Healy, Feargal Bunbury e Dave Couse, si è sempre dimostrato poco incline alle regole del mainstream ed anziché seguire i sentieri battutissimi delle consuetudini pop ha sempre privilegiato le combinazioni più complesse dell’espressione rock. La loro musica è organizzata intorno a ritmiche che si muovono tra genialità e follia. In I Am The Greatest, eccezionalmente prodotto da Edwyn Collins, è facile incontrare magici ed istantanei incanti pop quali “Take It Easy On Me” e “Cotton Pickers”, songs quasi REM, appena più oblique. 

Davvero personali risultano essere la title track, cantata a tre voci, una strofa a testa, dai tre musicisti, e “Endless Art”, il loro singolo più recente. Ambedue sono eccentriche rock songs, nelle quali eleganza e distinzione si accompagnano a creatività ed estro. Il resto è di simile livello. Si va dalla melodia gentile di “I Want Too Much” agli accenti ruvidi di “I Don’t Care”.

Compositori eclettici gli A House si muovono con magistrale agilità dalla suadente ballata “You’re Too Young” allo struggente folk-rock “Blind Faith”, dalla bizzarria trascinante di “How Strong Is Love” al tenebroso spiritual pianistico “When I First Saw You”, dalla melodia sfumata nei rimpianti di “I Am Afraid” alla grinta spigolosa di “Victor”. Del loro sconfinato e straripante canzoniere fanno poi parte la psichedelia ipnotica di “Creatures Of Craze”, il martellante sviluppo di “Slipping Away”, l’esuberanza ritmica di “I Lied”, l’anthemico incedere di “Live Life Dead Die”, unico e solo rigurgito di rabbia.

Con totale naturalezza e disarmante semplicità, e progredita al tempo stesso in eloquenza e concisione, la band irlandese ha assemblato un raro quanto fantastico campionario di musica, fuori dal tempo, al di là delle mode. Filastrocche, giocattoli, capricci e canzoni!”

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                                                CARLO COSTAMAGNA

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