ABERCROMBIE, John: Night (1984)
Titolo: NIGHT
Artista: ABERCROMBIE, John
Etichetta: ECM
Anno: 1984
Genere: JAZZ
Musicisti:
John ABERCROMBIE (gt)
Jan HAMMER (ts)
Jack DE JOHNETTE (bt)
Michael BRECKER (sax)
Provenienza: Port Chester
(New York - USA)
Nel 1984, quando uscì Night, John Abercrombie aveva alle spalle già quindici anni di carriera nel mondo del jazz ed erano trascorsi dieci anni dal suo esordio discografico, avvenuto nel 1974 con Timeless, album realizzato con una formazione triangolare con Jack DeJohnette e Jan Hammer. Durante i dieci anni che avevano separato Timeless da Night Abercrombie aveva partecipato a diversi progetti musicali, pubblicando una indefinita quantità di dischi (le discografie dei musicisti jazz, così dense di collaborazioni estemporanee, sono la disperazione dei biografi…) e di concerti con diversi e spesso prestigiosi compagni di strada: da Gato Barbieri a Gil Evans, da Enrico Rava a Dave Holland (anche in quel caso con Dejohnette), fino a Ralph Towner. Night costituisce un ritorno alle origini ripresentando il trio dell’album d’esordio, con Jack DeJohnette e Jan Hammer, sontuosamente integrato da un altro dei suoi iniziali compagni di strada, il sassofonista Mike Brecker. La critica musicale con Abercrombie è stata, non del tutto a torto, generalmente agrodolce; ne ha messo in luce le indubbie doti, ma anche gli innegabili limiti. Night è tra i lavori di Abercrombie uno di quelli che hanno riscosso maggiori consensi: ad esempio Claudio Sessa su Music, pur facendo precedere il giudizio sul disco da una lunga disamina delle luci e ombre di Abercrombie, è assai positivo: “Il nuovo album Night fa decisamente centro, risultando uno dei più riusciti del chitarrista. La miscela degli stili e dei timbri funziona, soprattutto sui brani ritmicamente più ricchi, cioè l’iniziale Ethereggae, il tre quarti 3 East e Look Around, dai cambi di tempo quasi mingusiani. Insomma, una pozione di ingredienti saporita e divertente.” (Meccanicamente… facile, di Claudio Sessa su Music no. 62 del novembre 1984). Ugualmente lusinghiero il giudizio di Maurizio Favot: “Abercrombie, che negli anni è andato lentamente modificando il suo stile inizialmente sin troppo imbevuto d’una spigolosa mistura di Hendrix, B.B. King e John Coltrane, esibisce oggidì mano gentile e fraseggio elegante, pur non disdegnando l’uso frequente di abbellimenti e storture d’elettronica origine. La sua parabola stilistica ha fatto sì che molti suoi vecchi album risultassero troppo ruvidi, e quelli recenti un po’ soporiferi. Tutto ciò non accade in Night: il chitarrista sembra aver raggiunto un invidiabile equilibrio, la percussione secca e precisa di DeJohnette è, come al solito, perfetta; Jan Hammer è, in questa occasione, abbastanza misurato e lontano dagli effettismi di molte sue prove recenti (un brano di sua composizione, Ethereggae, che apre il LP, risulta proprio delizioso)… E poi c’è Mike Brecker. La splendida voce del sassofonista di Philadelphia nobilita tutti i brani dell’album, con punte di particolare ispirazione in Look Around, Believe You In Me e Night. Dopo tanti anni di onorata carriera e decine di dischi incisi, Abercrombie ci offre stavolta la sua prova più bella e matura.” (Recensione di Night di Maurizio Favot sul Mucchio Selvaggio no. 82 del novembre 1984) E anche Gianfranco Salvatore su Faremusica spende qualche buona parola per il chitarrista americano, alternata a riserve più o meno esplicite. Dopo aver sottolineato che Abercrombie, che era stato fonte di ispirazione per Metheny, ora sembra guardare lui allo stile di Metheny, prosegue: “Francamente preferisco i brani dove Abercrombie rimane più fedele a sè stesso, come Four On One, in cui spicca un pregevole duetto a tempo veloce del leader con la batteria di Jack DeJohnette e dove il chitarrista recupera quell’aria frizzante di hard-bop rivisitato che si respirava nell’ottimo album da lui inciso insieme a John Scofield. Il disco, comnunque, si fa ascoltare con piacere anche per le uscite di Mike Brecker (…). Le fusion vere e proprie sono tentate solo nel brano Ethereggae del tastierista Jan Hammer: l’uno e l’altro (il brano e il tastierista) non rappresentano il meglio del disco, ma sembrano testimoniare un interesse di Abercrombie ad avvicinarsi alle altre musiche nere. Abercrombie è un chitarrista interessante e di vasti orizzonti e svegliarsi da una certa bianchissima sonnolenza non gli farebbe male.” (Recensione di Night di Gianfranco Salvatore su Fare Musica no. 50 del maggio 1985) Nell’album, effettivamente, non si registrano novità di rilievo rispetto ai risaputi modelli espressivi di Abercrombie: serrati dialoghi tra gli strumenti che di volta in volta ricoprono il ruolo solista (Ethereggae con Abercrombie, Hammer e Brecker; Believe You Me con un sincopato Brecker che, in un’inversione di ruoli rispetto allo standard, si alterna nel compito solista al nervoso drumming di Dejohnette; Look Around con ancora la chitarra e il sax sugli scudi) e spesso una frase melodica di partenza che, con un procedimento quasi sinfonico, ritorna poi più volte a sancire il passaggio da un assolo all’altro (tipica, in questo senso, la struttura di 3 East). Il tutto completato da qualche ballata più lenta, come ad esempio Night: si potrebbe eccepire sulla banalità del temino notturno, ma l’esecuzione affidata al sax e al piano, con pochi interventi della chitarra e solo un vibrato percuttivo, è talmente affascinante da far presto dimenticare quanto sia scontata. Trascurabile, nonostante l’assolo di batteria, la finale Four On One. Insomma, il disco, come quasi tutti i lavori di Abercrombie, si lascia ascoltare volentieri, ma non si viene certo sorpresi dal genio di Abercrombie e, anzi, semmai si viene colpiti dal cambio di passo della qualità creativa quando alla frase della chitarra subentra il respiro del sax di Brecker (quasi impietoso il confronto su Look Around).
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Voto: 6,5
Roberto Cappelli