A/10: Sex God War (1988)
Titolo: SEX GOD WAR
Artista: A/10
Etichetta:
MANTRA RECORDS
Anno: 1988
Genere: PUNK, ROCK
Provenienza:
LONDRA (ING)
Formazione:
Lee ROBINSON (vc)
Steve AIELLO (ch)
Romano PASQUINI (bs)
J.P. JEZEQUEL (bt)
Sex God War: Contributions And Rewards, è senz’altro il disco più importante degli A/10, gruppo anglo-italo-franco-spagnolo (una sorta di Comunità Europea…) che ha macinato musica, con furia e trasporto, a cavallo tra gli anni ottanta e i novanta nell’ambiente indie. E’ il primo album completo della formazione, preceduto da alcuni singoli e un mini lp, ed è stato pubblicato alla fine del 1988.
Lavoro maturo e molto interessante, violento e trascinante, le cui radici sono ben piantate nel cuore ribollente e ancestrale del vero rock, quello nato dalla rabbia giovanile, dall’urgenza di esprimere i sentimenti forti che hanno sconvolto i vent’anni di chiunque abbia un cuore. Quando si è trattato di inquadrare la musica degli A/10 quasi tutti gli addetti ai lavori hanno evocato il punk, sia pure con ampio riconoscimento ad altre ascendenze: lo potrete constatare scorrendo le recensioni dell’epoca riportate più avanti. In realtà si tratta probabilmente di una forzatura semplificatoria, dettata da qualche caratteristica formale che gli A/10 hanno in comune con il punk. A mio modo di vedere, se mai è esistito un genere che possa aspirare ad essere definito rock senza altre aggettivazioni, questo è ciò che suonano gli A/10: rock allo stato naturale, ferino, senza sovrastrutture (ascoltare Nemesis per capire cosa intendo).
Le canzoni sono sempre dominate dalle chitarre, molto energiche ma solo in qualche caso (e non certo nelle canzoni più interessanti) condotte a velocità “punk”, e dalla voce di Lee Robinson, bel timbro e uno stile senza eccessi. Le cose più belle sono costruite su questo dialogo tra i riff di chitarra (che quasi sempre imprimono un accento melodico al brano e qualche volta assumono un andamento “anthemico”) e il cantato: così nella cadenzata Bay City e nella sincopata Dead Skin, nella potente Thin Rich And Happy e nella sfrenata Declaration. Il primo lato (Nota per i più giovani: allora i dischi avevano due lati…) è di grande qualità; forse era troppo chiedere che tale livello si mantenesse anche sull’altra facciata, che risulta un po’ più convenzionalmente punk, con la fiammata iniziale della già citata Declaration e una buona Angry, dal testo molto significativo) in chiusura.
La critica italiana – almeno la parte che se ne occupa – è positiva senza riserve: sul Buscadero Celora, forse anche suggestionato dalla collaborazione tra gli A/10 e Kathy Freeman dei Birdhouse, descrive il gruppo quasi come una propaggine australiana in Europa, paragonando il loro sound a quello, appunto, dei Birdhouse, nonché ai Radio Birdman, ai New Race ed ai New Christs, e poi conclude: “Sex God War è dunque un vero coup de foudre già annunciato, se volete, vista la bontà dei precedenti lavori, ed è un’opera dove la continua manomissione del punk procede spedita e dà continuamente buoni frutti. Non perdetevi undici ruvide gemme di grande bellezza.” (Buscadero no. 87, Dicembre 1988)
Non troppo diversi i toni di Luca Frazzi su Rockerilla, il quale dopo aver reso omaggio alle ascendenze australiane del gruppo, mescolandoci quelle di Detroit, così immaginificamente commenta il disco: “Marshall dinamitardi, sezione ritmica scarna, chitarroni cupi e granitici. Un tentativo, riuscito, di evocare incubi e ossessioni con un rock drogato, serio e disperato (tardi Stooges, Only Ones). Una prospettiva vuota, un disastro incombente. Il rock degli A-10 è carne morta che fuma e marcisce. Prima o poi su questa carne pioverà, come è piovuto sulla salma di Hendrix, su quella di Sid Vicious, sulle buone intenzioni di centinaia di giovani rockers, e di essa non rimarrà che il ricordo. Ascoltate gli A-10, finchè siete in tempo” (Rockerilla no. 100, Dicembre 1988)
E Federico Guglielmi su Velvet: “Grezzo, istintivo, sincero e viscerale, ma anche ricco di pregevolissimi spunti compositivi ed interpretativi, Sex God War esala aromi mai dimenticati della Los Angeles periodo ‘79/’81 (vedi Europa, Baby City, Elektra, Angel Heart), presenta tributi ai Radio Birdman (la sanguigna Declaration), intreccia rabbiose convulsioni ritmiche con insinuanti fraseggi chitarristici e sofferte performances canore, allineando undici trascinanti episodi che si impongono come altrettanti manifesti di genuinità, potenza e ispirazione, nonostante un lavoro di studio non sempre impeccabile.” (Velvet no. 2, Novembre 1988)
Chi conosce la musica rock sa che la strada verso il successo è lastricata delle lapidi di beautiful losers, magnifici dischi cui non è corrisposto alcun riscontro commerciale: temo che anche Sex God War vada annoverato in questa categoria. Non so se gli A/10 avessero sperato in qualcosa di più o di meglio. Mi piace pensare che più di tanto non se ne siano dati pensiero: chi ha un rapporto così diretto con la musica non può certo perdere tempo a preoccuparsi di fatti triviali come le vendite dei propri dischi…
Per i collezionisti incalliti segnalo che la copia in mio possesso è in vinile trasparente, ospitata in una busta altrettanto trasparente sulla quale è impresso il titolo dell’album, mentre la copertina è costituita da una foto cartonata all’interno della busta, in modo che il titolo si sovrapponga all’immagine.
Voto: 7
Roberto Cappelli